2022: I sopravvissuti

Una vecchia pellicola di fantascienza riesce dagli archivi televisivi. Un film che avevo seguito, a tarda notte, tra le scelte di Ghezzi su Rai3, quasi quarant’anni or sono. Non avevo minimamente pensato alla data indicata nella “titolazione” italiana: il 2022. L’anno appena trascorso.

Per chi non l’ha visto, si tratta di una visione distopica del futuro in cui in città sovraffollate (tanto che le persone dormono nei ballatoi), sotto un caldo opprimente, si vive in una endemica situazione di precarietà. Tranne i ricchi, nessuno ricorda più la carne, la frutta, etc., poiché l’alimentazione è costituita da una sorta di gallette – il soylent – prodotto, dicono, dalle proteine di soia e lenticchie.

Quando viene introdotta la versione “verde” costituita da alghe, uno di questi ricchi signori (facente parte del consiglio di amministrazione della società produttrice delle gallette suddette) viene trovato ucciso. L’indagine, seguita dal nostro detective (Charlton Heston), finisce per scoprire l’orrore. Non esistono più risorse naturali e il soylent è prodotto dal riciclaggio dei cadaveri. Colpito a morte, cerca di far comprendere che “Tutti devono saperlo … il soylent è la gente!”.

Semplice visione di uno scrittore, trasposta da un regista.

Ma, per ironia della sorte, nel 2022 siamo davvero dei “sopravvissuti”. Il covid è stata la scusa per far uscire il peggio di noi, abbiamo assistito inebetiti al crollo delle libertà (violata la costituzione con meri atti amministrativi), tutto in vista di una guerra che è stata a lungo “spinta” da quanti ora gongolano per i guadagni bramati.

A noi è arrivato il conto, cioè il soylent, una vita resa molto più grama. In due anni siamo tornati ad una situazione “anni 70”. In quegli anni, dimentichi del boom economico del decennio precedente, si pensava che potevamo solo migliorare. I fatti ci hanno dato torto, il peggioramento è talmente manifesto e repentino che, in pochi mesi, siamo “retrocessi” di 50 anni. La prova lampante della nostra fragilità è resa più evidente da due ulteriori fattori: da una parte le tecnologie; dall’altra la disinformazione. Il collante, un afflato verso l’ambiente, propugnato da quanti ci speculano sopra.

Un minuscolo esempio: l’auto elettrica. Non esiste, al momento, un prodotto che abbia un tale impatto negativo sull’ambiente, soprattutto rispetto alla resa. Eppure sembra che senza auto “elettrica” non si possa andare avanti. Dopodiché, se uno si chiede come si “ricarica” l’auto scopre che per produrre elettricità si brucia carbone (insomma: è un’auto a carbone), che la batteria (che costa quanto l’auto) è solo un pochino più smaltibile delle scorie nucleari. Ecco il futuro.

Correre tanto, milioni di morti tra guerre e pestilenze negli anni che furono, tutto per arrivare ad un nulla di fatto. Qualcuno propugna la tesi – invero suggestiva – che si tratti di un risultato “voluto”, cioè di un nuovo “regime” di cui non ci stiamo compiutamente rendendo conto e che, ora, sta raccogliendo a piene mani i frutti degli investimenti effettuati sulle nostre prospettive.

Questa teorica – se fosse vera – quasi quasi potrebbe consolare: in fin dei conti, qualche evoluzione, almeno nella malvagità, potremmo registrarla (anche il male ha i suoi progressi). Peccato che, invece, si possa sostenere tranquillamente che sia una situazione casuale, dettata cioè dalla nostra pura e semplice inconsistenza. Dietro questa fragilità dimostrata non c’è alcun disegno. E’ una presa d’atto. Se prima serviva una bufera per distruggere la tua capanna ora, secoli dopo, un alito di vento è più che sufficiente a far cadere il castello di carte del nostro progresso.

I pesci (i nostri figli) non sanno che l’oceano in cui nuotavano i loro progenitori, è ora solo una boccia di vetro piena di acqua di rubinetto.

Una triste corsa.

[Riferimento cinematografico: 2022: i sopravvissuti (tit. or.: Soylent Green), di R. Fleischer, USA, 1973]

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