Ai margini della “Miguel” 2022 (ovvero, della pizza perduta)

Tornano le gare ‘partecipate’ con tanta bella gente con la voglia di rivivere, se non proprio l’identico passato, almeno qualcosa che gli somigli. La “Miguel”, fuori della sua abituale collocazione nel calendario, è una di quelle gare in cui,  probabilmente dimenticandosi la sua genesi, i dintorni dello Stadio dei Marmi si riempono con un gran numero di podisti.

All’appuntamento – come per l’Appia Run – siamo presenti, indecisi su quale condotta sia opportuno tenere. I 10K, infatti, anche con la partenza ad onde, invogliano ad accelerare.

Con il Comandante, complice la conseguita maturità, si sceglie una politica di saggia “conservazione” delle energie. L’obiettivo è stare sotto i 6/Km. Lo so, è un’andatura da tapascioni ma, oggigiorno, la capacità è quella che è. La situazione è resa più imbarazzante dalla brevità dell’impegno ed aggravata da un nuovo percorso, leggermente ritoccato, per renderlo più fluido (Non riesco tuttavia a comprendere perché non si allunghi il giro sul lungotevere, per chiudere direttamente con l’entrata nell’Olimpico, invece di fare circa 3 Km di “riempitivi”. Prima o poi ce lo diranno).

Si diceva, una velocità piuttosto bassa (beh, velocità è un termine alquanto ambizioso) motivata da una circostanza. Il giorno prima, una decina di chilometri sulla Tuscolana, sono stati il teatro di un episodio di the walking dead. Conseguentemente, le aspirazioni per la Miguel erano decisamente lontane dai minimi sindacali.

Invece, per quelle alchimie difficili da spiegare, siamo andati – complessivamente – molto meglio del giorno prima. Misteri podistici, di cui accettiamo le evidenze non investigando le cause.

Lascio da parte le tante persone ben riviste (ora si parla di anni …), i “chimici” instabili ed altre fesserie del genere, per dedicare un piccolo spazio ad una faccenda tutta personale.

Dopo le gare ho capito che, invece del dolce, è il salato che mi serve per recuperare.

Nel pacco gara, di solito, inseriscono però una merendina. Questa volta un cornetto con il cioccolato. Peraltro, va notato, detto “pacco” viene consegnato solo dopo essere defluiti dallo Stadio Olimpico, quando è notorio che, almeno l’acqua, andrebbe fornita il prima possibile. Specialmente in gare brevi, non si può escludere qualche inconveniente per chi ha tirato il collo al di fuori dei suoi limiti.

Tornando a noi, per trovare l’agognato “salato” non resta che dirigersi verso lo stand dei “biraghini” usufruendo di un gradito sconto per l’acquisto. Nel tragitto ho potuto constatare che il “terzo tempo” nei vari “gazebi” è anch’esso impostato sul “dolce”. Tranne uno.

Presso gli Orange inquadro, con la salivazione improvvisamente incrementata, un piccolo vassoio – di circa un paio di metri quadrati – di pizza al taglio, più che invitante. Ad occhio esperto: bassa, croccante, e ben ripiena. Mi è, però, mancato il coraggio – rivendicando la mia iscrizione UISP – di buttarmi a corpo morto sui frutti dell’arte bianca di Tonino Corrieri. Il “biraghino” non poteva competere.

Prometto (o minaccio?) che la prossima volta non commetterò nuovamente questo errore, anche per poter testimoniare, pubblicamente, se, come credo, è buona tanto quanto appare bella.

Con una poco meritata birra alla spina (con patatine di corredo), in quel di Ponte Milvio, la mattina si conclude. Con il rammarico della pizza perduta…

 

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