Atleti del Cuore

PAOLO FRATTESI

Correre e basta, nessun obiettivo. Solo tanto divertimento!
Paolo Frattesi

La corsa ha da subito fatto parte della mia vita sportiva. Come accade spesso ho iniziato quasi in fasce a praticare il nuoto ma susseguentemente, visto che nel mio circolo sportivo si praticava tale specialità, mi sono avvicinato al pentathlon moderno (per chi non lo sapesse è composto da cinque sport: nuoto, corsa, scherma, tiro con la pistola ed equitazione) e l’ho praticato a livello agonistico fino a 16 anni con tanto di partecipazione ai campionati nazionali juniores ai quali, se non ricordo male, mi piazzai 12°. Indovinate un po’ qual era la specialità in cui ottenevo i risultati migliori? Ovviamente la corsa! Anche qui, come spesso accade, arrivò il momento di prendere la fatidica decisione: “lo studio o lo sport?” Campione non ero e quindi ha vinto la mia passione per l'educazione fisica ma la corsa ha continuato a essere un punto di riferimento importante della mia vita.
La mia prima gara? La ricordo come fosse ieri: cadeva l’anno 1981 (e quindi avevo 10 anni, sigh!) e il mio circolo sportivo aveva organizzato un gara di Biathlon (corsa e nuoto) in memoria di un ragazzo da poco scomparso. La prova di corsa consisteva in 500 metri mentre quella di nuoto prevedeva 100 metri a stile libero. Mi ricordo che non volevo assolutamente partecipare, ero timido (e lo sono rimasto ancora un po’), non avevo voglia di provare alcun tipo di tensione, ma sia gli istruttori che mio padre (tennista, ma sportivo a tutto tondo, con tanto di partecipazione alla prima edizione della Roma Ostia di 28 km) fecero una lenta e inesorabile opera di convincimento che portarono alla mia resa. Bene, il risultato fu che nella prova di corsa arrivai primo con il tempo di 2 minuti e 21 secondi. La cosa che ricordo con più piacere è il fatto che mio padre corresse insieme a me lungo tutto il percorso cadenzandomi il passo in modo tale da non sprecare dopo pochi metri tutte le energie.
Sicuramente la Roma-Ostia del 2001. Partii con l’intenzione di fare il personale (prima della gara avevo 1h34m23s) e da subito mi sentii molto bene, le gambe andavano. Ma soprattutto mi ricordo che al 10° km, ancora molto a posto fisicamente ed euforico come poche volte, dentro di me dissi: “se batto il personale chiedo ad Alessia se vuole tuffarsi insieme a me nel mare della vita”, che tradotto significa “chiedo ad Alessia se vuole sposarmi!”. Era un po’ che ci pensavo, ma tra la timidezza, la paura del grande salto e il timore della cerimonia non avevo mai preso di petto l’argomento ed Alessia, sapendo che la cosa mi avrebbe infastidito non poco, si guardava bene dal metterlo sulla tavola. Arrivo al 17° km e purtroppo da che correvo in leggerezza, come spesso accade, il calo arrivò improvviso, non ne avevo praticamente più; di fiato stavo bene ma le gambe si indurirono di colpo e correre su due trampoli sarebbe forse risultato più semplice. Ero ancora in vantaggio sul personale, ma la voglia di mollare, insieme alla delusione, in quel momento fu tanta se nonché mi tornò alla mente l’impegno preso al 10° km; fu quello che mi fece tenere duro per gli ultimi 4 km, avevo finalmente deciso di prender di petto l’argomento! Chiusi in 1h31m56s (tuttora il mio personale sulla mezza), distrutto dalla fatica ma contentissimo! Avevo tenuto duro, ma soprattutto….avevo preso “la decisione”! Per la cronaca, il 13 ottobre 2001 io ed Alessia siamo felicemente convolati a nozze.
Qui si arriva alla Roma-Ostia del 2004. Mi ero ben preparato e quella mattina mi sentivo particolarmente bene. L’intenzione era quella di andare sotto il muro dell’ora e mezza. Partenza VIA! Le sensazioni come sperato sono ottime, mi metto dietro il pacemaker dell’ora e mezza e tengo bene, il passo è leggero e anche la fatidica barriera del 17° km viene brillantemente superata. Tutto sembra volgere al meglio quando AHIIII!!!! poco prima del 18° km mi prende una fitta tremenda al polpaccio destro che di colpo si indurisce costringendomi allo stop!! D’altronde mi ero già sposato! Sto lì fermo a massaggiarmelo un po’, imprecando in tutte le lingue, e dopo qualche minuto al piccolo trotto, quasi di marcia, riprendo la via dell’arrivo ma ahimè il muro dell’ora e mezza ancora oggi rimane una chimera.
Non ne possiedo.
Se le sensazioni sono buone mi sento elegante come un cavallo, altrimenti (il che accade molto più spesso) pesante come un facocero!
Sì (ne parlo di seguito).
5 o 6 anni fa, adesso non ricordo bene il periodo, mi era passata totalmente la voglia e da un giorno all’altro ho smesso di correre. Dopo poco ho iniziato ad accusare malesseri di ogni tipo come tosse, catarro, stanchezza che mi sono portato appresso per 6/7 mesi fino a quando non ho deciso, con un certo timore, di farmi una lastra ai polmoni che fortunatamente, a parte un lieve intasamento bronchiale, non rivelò nient’altro! Tornato a casa mi sono detto: “ma vuoi vedere che il mio corpo reclama le sue ore settimanali di corsette alle quali l’ho oramai abituato?”. Dopo qualche giorno ho quindi ripreso a correre e, dopo una decina di giorni, i malanni che mi perseguitavano da più mesi sparirono come d’incanto! Da quel momento, a parte qualche breve pausa, non ho praticamente più smesso e sto male al solo pensiero che ciò possa accadere.
Prendo in prestito quanto detto da Haruki Murakami nel suo libro “L’arte di correre”: “…correre ogni giorno per me rappresenta una fonte di vita. Di motivi per continuare ne ho pochissimi, ma di ragioni per non smettere ne ho tante da riempire un camion a rimorchio. Non resta che coltivare quei ‘pochissimi motivi’. Trovare il tempo per continuare a farlo sempre e ovunque…”
Penso di non essere assolutamente originale ma la risposta è: la maratona di New York! Purtroppo non ho avuto ancora l’occasione per pianificare bene la trasferta ma soprattutto, in occasione dell’unica maratona da me corsa (Roma, 2007), ho realizzato che tale distanza poco mi si confà e quindi temo che correre nella Grande Mela resterà per me un bel sogno, anche se in fondo in fondo sento sempre una piccola vocina che tifa per me: “Come on Michael, come on!”

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