Cinque consigli non richiesti

Dal basso della mia risibile esperienza di runner, ho preso qualche appunto che condivido con voi. Si tratta di alcuni comportamenti che possono guastarci, poco o tanto, la gioia della nostra corsetta quotidiana e domenicale.

Come da prassi, un fondamentale disclosure: il fatto che qualcuno ve lo dica (scriva) dall’alto di un sito non significa nulla: anche un patentato imbecille può avere ricevuto il dono della scrittura ma non per questo quello che scrive (dice) va necessariamente preso sul serio.

Detto ciò, eccovi i miei pensierini della sera (che, poi, è davvero sera…).

1. Abbigliamento e scarpe. Partiamo dai fondamentali che sono le scarpette. Senza delle calzature sportive correlate alla nostra condizione fisica, correre appare velleitario e financo dannoso. Ognuno, a seconda del peso, della conformazione dei piedi, del tipo di corsa che intende svolgere e del luogo, ha bisogno di una scarpetta “specifica”. Magari è inguardabile, ma non serve per fare le “vasche” a Via del Corso come i pischelli, ma per correre parecchi chilometri. Di solito si tratta di circa 600 chilometri prima che la capacità di ammortizzazione venga meno. Nel mentre, se non siamo stati accorti, ci ritroviamo a santificare ogni dio dell’universo, appresso a fasciti, tendiniti, dolori alle ginocchia ed ogni altro accidente inevitabilmente connesso ai ripetuti atterraggi sul suolo, qualunque sia il substrato. Si tratta di una questione “fisica” non negoziabile: correndo, impattiamo sulla superficie e, quindi, sbagliando scarpe il danno è inevitabile.

Per l’abbigliamento la storia è diversa. Anche a ferragosto, sotto il sole giaguaro, potremmo uscire a correre con una bella maglietta termica o con i pantaloni fino alle caviglie. L’effetto negativo – cioè che moriamo di fatica – è solo transitorio (a meno che non ci colga un infarto). Basta cambiare vestimenta e tutto torna al suo posto. Esiste però una eccezione. Per quanto mi sforzi di comprendere questo bizzarro comportamento, anche nella Valle della Morte trovereste di certo una podista con indosso un pinocchietto invece che sfoggiare una sana cellulite.

2. Condizione fisica. Per correre occorre stare se non benissimo, almeno benino. Occorre – e ne abbiamo già parlato – anche aver potuto riposare adeguatamente. Il riposo – ed il recupero, in genere – è necessario. Se corriamo per stare meglio, non serve a nulla farlo senza aver potuto recuperare le forze. A maggior ragione, se la corsa è funzionale ad un obiettivo. Fare le ripetute dopo una notte agitata (quale che sia stato il motivo) non produce alcun risultato apprezzabile. L’antieconomicità è una grande leva nel guidare le scelte.

3. Alimentazione approssimativa. Ogni motore ha bisogno della sua benzina. Il nostro organismo, per correre, ha necessità di essere alimentato con quanto – tra liquidi e solidi – sia necessario in relazione allo sforzo atteso. Molti corrono la mattina presto senza neppure aver preso un paio di fette biscottate con l’idea che ciò renda più efficace la corsa (in relazione ai grassi da bruciare). Forse è vero o forse no. Occorre però considerare il tipo di corsa/allenamento. Per fare 5K di corsa lenta non serve granché ed un pochino della nostra “ciccetta” renderà disponibili le poche calorie necessarie, con evidenti benefici riscontri da parte della bilancia. Lo stesso non può dirsi per le ripetute in salita o se il percorso è costituito da una quindicina di chilometri a buon ritmo. E’ bene, quindi, considerare il fabbisogno energetico da gestire ed il conseguente “recupero”.

L’idratazione invece non si discute (ed anche di questo abbiamo già detto). E’ bene essere idratati prima, durante e dopo l’attività podistica. Fare affidamento sulle fontanelle appare un suggerimento scontato, perché – ogni tanto – un goccio d’acqua ci sta bene. Sugli integratori ho qualche remora. Magari in gara (lunga) possono aiutare ma non credo che “bombardare” l’organismo con questi miscugli, per lo più chimici, costituisca una buona politica sul lungo periodo.

4. Postura del corpo. Lo so che non ci avete mai pensato, ma l’inclinazione esagerata del corpo può sovraccaricare schiena, ginocchia e, quindi, i piedi, tanto quanto una perfetta perpendicolarità. Nella corsa il corpo, tranne per i velocisti nelle fasi iniziali, deve restare, più o meno, perpendicolare al suolo dalla vita in giù e leggermente inclinato in avanti con il busto dalla vita in sù. Sono le gambe che devono allargarsi (per quel che si può) ed i piedi “spingere” avanti. Se il corpo si piega troppo in avanti, il baricentro si abbassa e si fende meglio l’aria, ma le gambe non possono lavorare al meglio per cui, oltre che fisiologicamente errata, è podisticamente controproducente, poiché quello che teoricamente si guadagna con il cx di una Lamborghini, al netto dei potenziali danni, non si guadagna in velocità.

5. Oscillazione delle braccia. Se non lo sapete, è notorio che oscillando le braccia davanti al torace, la velocità aumenta in relazione alle oscillazioni. Provare per credere. Questa condotta, però, può essere temporanea, esattamente come allargare “il compasso” delle gambe imitando i keniani. Questa condotta non può essere tenuta a lungo ma solo per il “momento” in cui volete ottenere l’effetto atteso (esempio: nell’allungo finale, con il gonfiabile in vista). Le braccia, sciolte, devono oscillare ai lati del tronco. Qualcuno mi disse, esemplificando, che la postura “giusta” è quella di un burattino tenuto morbidamente per i fili … Se durante una maratona avete avvertito una tensione muscolare a livello delle scapole e del collo significa che, con le braccia, non avete operato al meglio.

Per oggi, l’angolo dei consigli chiude i battenti. Lieti di avervi avuti con noi.

[Colonna sonora con il sound della Italy Disco degli anni ’80: Savage, A Love Again (Special Remix); Brian Ice, Talking To The Night; Eddy Huntington, USSR; Stephanie, Irresistible (Extended Version); Den Harrow, Future Brain; Scotch, Mirage; Silver Pozzoli, Step By Step (Extended Version); Fun Fun, Give Me Your Love]

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