Anche sulle onde si può correre. Con una tavola si possono cavalcare le onde. L’esperienza del surf riemerge prepotentemente alla memoria in virtù di due accadimenti. Il primo, nell’ambito dello zapping consueto, è stato l’aver buttato un occhio alla ennesima replica del film “Un mercoledì da leoni”. Il secondo accadimento è stato, in quel di Focene, vedere alcuni attempati surfer (invero con delle tavole da bambini).
Per chi non l’ha mai praticato, il surf vi pone, proprio sotto i vostri piedi, nella condizione “spirituale” di poter sentire la potenza del mare. Quando il mare è mosso e, nuotando, i cavalloni vi oppongono la resistenza, potete saggiare l’energia del mare. Quando correte sulle onde, quella stessa potenza è proprio sotto di voi ed abbiamo l’illusione di poterla dominare, almeno per qualche momento.
La pellicola di Milius, in verità, non parla di sport ma lo assume come una “situazione” in cui – quale metafora delle energie della giovinezza spensierata – si smette di “giocare” e si prende atto che, ad un certo punto, la vita richiede una presa di coscienza.
Non si può surfare per sempre. Almeno non con lo stesso spirito. Appena di comprende che la vita è “altrove” e che le scelte divengono non solo irreversibili ma, via via, ineluttabili, cambia, inevitabilmente, tutto il nostro mondo ed è necessario passare le consegne che è, esattamente, l’ultima scena della pellicola: Matt regala la sua tavola ad un giovane, accettando il passaggio all’età adulta ed alle responsabilità che ne conseguono.
Per nostra fortuna nella corsa non accade nulla del genere. Con una saggia misurazione degli obiettivi e delle relative risorse siamo in grado di cavalcare il nostro asfalto per molti anni. Lo connettiamo al tempo che passa e lo convertiamo, più o meno automaticamente, con le nostre risorse. Non saremo mai più quelli che eravamo, ma siamo ancora qui, con i nostri compagni, a “segnare” la nostra presenza in questo mondo.
Nel vedere gli attempati surfer con la tavola “sbagliata” ho avuto un moto di tenerezza per i tempi andati ma, poi, ho pensato a noi. Il passaggio alla vita adulta è stato fatto da tempo ma questo non ci impedisce, ogni tanto, di tornare quegli spensierati che eravamo. Lasciare al fluire degli eventi ed alla cadenza del passo, il ricordo di quello che è stato ma anche di quello che sarà. Davanti a noi ci sono tante onde e possiamo scegliere quali cavalcare. Inevitabilmente cadremo, ed aspettiamo la prossima per stare in sella ancora un per un tratto.
[Lettura obbligata: W. Finnegan, Giorni selvaggi. La vita sulle onde, 66than2nd, Roma, 2016. Un ricordo personale della Costa Viola, nel 1987, in cui un cretino dal surf prova, senza alcun esito apprezzabile, a passare al windsurf, nell’ilarità generale]