Jean-Christophe Grangé è uno dei miei scrittori preferiti. Ha qualcosa, dietro la sua prosa, che mi inquieta.
Segreti oscuri che emergono da un lontano passato, generando nuove angosce attorno ai temi della memoria e dell’identità. Quello che si credeva sepolto per sempre ed oramai in disfacimento, si risveglia e torna avvolto da una luce sinistra. Ricompare perché, in verità, non era scomparso definitivamente ma solo nascosto in profondità.
Le trame richiamano “situazioni” in cui il “male” appare il vero protagonista dell’intrigo al quale il protagonista deve dare una risposta. Spesso – come da prassi – è un poliziotto, anch’esso disegnato in quella contraddizione che è la nostra base costitutiva, laddove le ombre lasciano, solo a sprazzi, intravedere un pallido chiarore. Invece dell’”eroe” (con il quale immedesimarsi) è spesso presente una figura tenebrosa che, per certi versi, è quasi peggiore della preda alla quale sta dando la caccia. Non si tratta di “conoscere il proprio nemico”, ma di essere proprio come lui, soltanto, forse per un puro caso, dall’altra parte della barricata. Capace di “leggere” anche gli omicidi più violenti e, sicuramente, in grado di fare altrettanto, cerca la “verità” più per sanare un conflitto interiore che per far prevalere una giustizia che non è proprio per questa terra.
Indicando una deriva in chiave di riequilibrio si mette a tacere una coscienza ma il sottotesto racconta una storia diversa. Gli ideali, per l’appunto, sono una chimera che non esiste. Esistono invece, la crudeltà, l’indifferenza al genere umano, la vendetta, la pazzia, una visione del mondo alterata da regole del gioco molto diverse da quelle che crediamo tutti rispettino. Un malinteso frutto, tutto sommato, di un eccesso di fiducia. Siamo convinti che alcune cose, nella realtà, non possano esistere perché ciò contraddice un insieme retto da valori condivisi.
Il nostro eroe sa, al contrario, che questi valori dipendono dalla “metrica” applicata: quando gli “altri” non sono più “persone” ma oggetti, mezzi, intralci, tutto il resto viene di conseguenza. In filosofia si parla di “riconoscimento” come prima legge per poter sviluppare un rapporto quali appartenenti allo stesso “insieme” (quello degli esseri umani). Senza il riconoscimento, perché non si vuole o perché non si è capaci, non può nascere un rapporto ma una relazione tra specie diverse. Umano/Non umano, Assassino/Vittima, Cacciatore/Preda sono sullo stesso territorio ma in piani paralleli che si toccano per un puro accidente della fisica. Nulla di più.
Ristabilire la giustizia significa solo provare a far prevalere le regole del “nostro” territorio se non fosse che, proprio come nella fisica, la materia e l’antimateria non possono toccarsi senza conseguenze disastrose.
Noi operiamo per un altro Führer, mia cara, molto più potente dell’uomo con i baffi, un dio che supera tutti questi patetici tentativi di cambiare il corso della storia: il denaro. Il mondo si fonda sul primo capitalista della storia: l’uomo. È il valore migliore, mai in ribasso, mai indebolito: il forsennato egoismo dell’essere umano.
(La maschera di pietra, 2022)
Il male è una forza reale. Una potenza grande almeno quanto il bene. Nell’universo, due forze antitetiche lottano per il predominio. E la battaglia è tutt’altro che vicina alla fine.
(Il giuramento, 2008)
[Riferimenti cinematografici: Buio Omega, di J. D’Amato (A. Massaccesi), 1979; Manhunter, di M. Mann, 1986; I fiumi di porpora, di M Kassovitz, 2000; Suicide Club, di S. Sono, 2002; I See The Devil, di K. Jee-woon, 2010; The Horde, diretto da Y. Dahan e B. Rocher, 2010; The Iceman, di A. Vromen, 2012; V/H/S Viral (l’episodio Parallel Monsters), 2014; True detective (stagione 1), 2014].