Il dilemma del giocatore di poker

Lo scorso anno, in relazione ai benemeriti sponsor della CorriColonna, avevo dedicato un articolo alla nostra Antonella ed alla sua D-Studio. Donde pareva male non dedicarle attenzione anche in vista della imminente organizzazione di detta gara.

Mi è venuto in mente di associare la sua attività (ricordate? La sua impresa insegna a ragionare) con il gioco del poker tradizionale, ossia quello, a carte coperte, con cinque giocatori (la versione americana Texas hold’em è spettacolare ma non è la stessa cosa).

Le regole non scritte del poker sono le seguenti:

a) i giocatori dovrebbero avere, più o meno, le stesse disponibilità economiche;

b) non bisogna aver paura di perdere tali disponibilità;

c) si gioca contro l’avversario che si ha di fronte, non con le carte che si hanno in mano (lo dice, saggiamente, anche James Bond in Casino Royale).

Credo che le regole indicate si comprendano adeguatamente senza necessità di alcuna glossa didascalica a margine.

Esiste, inoltre, una ulteriore questione da tener presente che va sotto la definizione di “Dilemma del giocatore di poker”. Il “dilemma” sorge nel momento in cui le fiches davanti a voi si sono drasticamente ridotte e siete ad passo dal dichiarare forfait. Che cosa fare?

Sulla base di un comportamento apparentemente sensato – e, per questo, seguito dai più – puntate poco e “giocate” seriamente solo quando avete il punto in mano. Perché non è un comportamento logico? Per almeno due ordini di motivi. Il primo è che dovendo mettere il chip e poi seguire il rilancio prima del cambio delle carte, si finisce per morire dissanguati comunque. Il secondo è che, una volta che avete il punto, lo capiscono tutti: nessuno viene a “vedere” e, quindi, non si ottiene gran che. In ogni caso, una mano fortunata non è in grado di consentire il recupero del dissanguamento continuo. Potrei farvelo constatare matematicamente, ma vi chiedo di credermi sulla parola.

Cosa si fa, allora?

Due soluzioni possibili. Si smette di giocare e si torna a casa. Per questa volta basta così.

Oppure, se si intende continuare, si chiede (al mazziere) una posta pari a quella iniziale e si rilancia fortemente ad ogni mano. Tutte, nessuna esclusa. Un gioco ‘aggressivo’ che induce timore e non consente di capire quando si bluffa e quando no. Questo è l’unico modo per recuperare, perché potrete accaparrarvi “poste” anche con una misera coppia di 7.

A questo punto, dopo la lezioncina di strategia pokeristica, sarete curiosi di sapere perché è coinvolta la nostra Antonella. E’ presto detto.

Nei periodi di magra e di difficoltà varie, una delle prime spese che viene compressa (o ridotta del tutto) è quella per attività consulenziali, sulla erronea convinzione che siano, tutto sommato, spese voluttuarie.

Dal dilemma del giocatore, dovreste invece aver capito che, proprio in questi casi, si deve rilanciare, cioè investire di più e non il contrario. Perché o la consulenza non serviva a nulla prima, oppure è proprio in questo momento di difficoltà che serve maggiormente.

Se ci riflettete per un momento, capirete che – seppur controintuitivamente – la condotta giusta è quella che sembra sbagliata.

Sono certo che Antonella sarà d’accordo con me. Seguirà fattura.

[Colonna sonora: Sophie and the Giants, The Light (Max Steel D-Studio Remix)]

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