Oggi pensavo alla “fluidità” del genere. Maschietti con lo smalto; femminucce vestite da maschi. I generi si mescolano. Per fortuna, direi.
Qualche decennio fa tutto era differente. Il diverso era davvero diverso e non c’era una cittadinanza disponibile. I documenti di identità fanno testo contro ogni dubbio, ragionevole o meno. Era tutto più difficile. Non tanto potersi accettare nella propria “reale” identità, quanto proporla agli altri. Perché non esistiamo senza un reale confronto con gli altri. E questo confronto può essere distruttivo. C’è chi non capisce; chi non vuole capire e, quel che è peggio, chi non è in grado di capire. Ma, nondimeno, giudica.
Resta uno spazio “libero”: quello della follia dell’arte. Nell’ambito artistico tutto è lecito (come in amore, verrebbe da dire, se non fosse una totale menzogna). Ecco Renato Zero che, però, i suoi abiti stravaganti deve indossarli dopo essere uscito da casa vestito da “normale”. David Bowie non fa mistero della diversità. Ma un genio può permettersi questo e altro.
Poi il contesto degli anni ’80 (i “nostri” anni, nel bene e nel male). Si andava (anche) all’Alibi, all’Easy Going, al Qube, all’Alien (a Milano solo e unicamente al Plastic), per vedere un mondo che si muoveva “libero” mentre, nel resto della giornata, le persone occultavano sia i propri vizi che la propria vera natura. Marco Trani ci confessava che gli lanciavano, sui piatti del Tec 1200, i biglietti con i numeri telefonici, indifferenti alla sua dichiarata natura “etero”.
Negli anni ’00, alle feste di “Muccassassina”, da Testaccio a Porta Castello, non si poteva mancare, con grande differenza “di genere” con le feste di Beatrice Jannozzi al Gilda. Lì una vita “diversa” che esplode, là il fighetto di Piazza Santiago del Cile. E la differenza si vede. Non solo di genere, ma anche di classe.
Vedere il culetto di fuori di Damiano dei Maneskin reca esattamente lo stesso fastidio del figlio di papà che si mette lo smalto. Un’offesa alla sofferenza, una posa alla moda. Per cose del genere, nei primi anni ’80, oltre alle botte di papà, c’erano quelle degli intransigenti. Ora è tutto più semplice, dimenticandosi le sofferenze altrui.
Oggi ho corso pensando a quegli anni. A quei volti. Il trucco vistoso a nascondere i lividi. Ma quelli dell’anima restavano intatti. A futura memoria.
[Colonna sonora: Depeche Mode, Personal Jesus (Stargate Mix 2011); Florence and the Machine, Cosmic Love (Seven Lions Remix); Asteria, Domopak (a Strange Max Steel Version); Sylvan Esso, Uncatena; Alice Boman, The more I Cry (Max Steel Prisma Remix); Lea Porcelain, Pool Song (Max Steel Poor Sad Remix); Molly Nilsson, I Hope You Die (Max Steel Cross Reverse); Marsheaux, Eyes without a Face; Man Without Country, Sweet Harmony; Low Roar, I’ll Keep Coming (Least of Creatures Remix); Marsheaux and OMD, She’s Leaving (Epic RMix); Portash, A Dark City’s Night ( Marsheaux Remix )]