Il “barista” è, in questo caso, un figura simbolica perché costituita, in realtà, da tre persone diverse.
Il primo è Andrea (che è a sua volta costituito dalla sommatoria di tre fratelli) al quale non devi dire nulla. Sa perfettamente quali siano le fisime della clientela. La percentuale di caffè “azzeccati” (cioè non troppo acidi) supera, nel suo caso, il 95%. E questo dato insuperabile lo rende il caffè “della mattina”.
In tutti gli altri momenti della giornata, purtroppo, lo spazio “bar” è in comune con lo spazio “pizzeria” per cui la commissione tra dolce e salato, almeno per me, funziona poco. Certo che vederlo mentre, con inaspettata grazia, accarezza la pasta lievita o coccola un centinaio di supplì, gli attribuisce un valore tutto speciale. A qualcuno ancora piace il proprio lavoro.
Federico è il titolare della “Cannoleria siciliana”, laddove, a seconda del “fuochista”, la percentuale di successo è molto variabile. Ma, onestamente, il cannolo (nella sua ricetta originale, materia prima compresa) vale ogni rischio. Diciamo che, male che vada, la media non può che essere per forza sulla sufficienza piena. Anche qui non manca il salato (in specie le arancine), ma non le friggono in loco, per cui non si avverte alcun odore sovrastante quello della caffeina.
Infine, Wei. Una signora cinese di una bellezza che si fatica a correlare all’età, peraltro incomprensibile. Ci sarà un segreto che ancora non vogliono rivelare e che non ho occasione di approfondire. Qui, infatti, il caffè è consumato indirettamente, in quanto offerto alla nostra giornalaia. Un modo per mandarle un pensiero, anche quando non acquisto il giornale.
Evidentemente, il caffè ci piace ma anche le persone che lo preparano. Un momento dedicato a noi ed a loro.
Quando parto per la corsa, inevitabilmente, a seconda dei percorsi, passo per un saluto “volante” ad uno di loro. In qualche caso, al ritorno, ho perfino scroccato una tazza per compensare il down da pressione bassa.
Il caffè si può fare anche a casa. Viene buono e costa pure meno. Ma, così, si staccano i contatti con le persone. Da soli non siamo gli stessi di quando siamo “connessi” agli altri. Del resto, se così non fosse, perché “agganciamo” altri podisti nelle gare o in allenamento?
Il caffè, ovvero una metafora del social vivere.
[Nota: il caffé più buono si beve in compagnia]