La 3-Comuni. Regina d’Inverno in bikini

Avevo scritto una cronaca di questa gara, così, a caldo (e non è un modo di dire). Rileggendola oggi, non mi pare per nulla soddisfacente perché non aveva “centrato” il punto. Su questo – dato che non la leggerete – dovete credermi sulla fiducia.

La Regina d’Inverno si presenta in bikini. I giorni della Merla sono lontani, così come la nostra scontata abitudine di lamentarci del freddo. Com’è una gara, tipicamente invernale, disputata con un caldo dell’accidente?

Difficile giungere “preparati” perché più di 22 Km sotto il sole non sono un allenamento alla portata di tutte le tasche. Sicché, nonostante la partenza anticipata alle 8,30, la fatica si fa sentire. Oltre a quella fisica, con il crampo dietro l’angolo, si fa sentire anche quella mentale. E ci vuole un attimo che lo scoramento diventi l’anticamera di una vera e propria Via Crucis. Le salite, come sapete, non mancano e, come da prassi, non sono per nulla compensate dalle discese. L’unica di queste che offre un pochino di soddisfazione è quella che precede la salita dei Millecori.

Usciti da Civita Castellana si tocca, infatti, il punto più basso del percorso e già ci si prepara ai 2 km di salita che i più (cioè i tapascioni come noi) non si azzardano a correre. Tanto camminando si va alla stessa velocità, per fortuna all’ombra. Del resto mancano ancora più di 4 chilometri e non è il caso di farsi fregare da un immotivato entusiasmo. In linea teorica la gara viene indicata come lunga 22,3 Km ma, al km 21, siamo ancora in piena zona industriale di Castel Sant’Elia, per cui pare evidente che bisognerà faticare ancora qualche metro (1000, ad essere pignoli).

Arrancare e bere. Queste le due sole realtà, almeno per i volenterosi privi di mezzi. Da bere,  i liquidi non mancavano. L’acqua di Nepi, leggermente frizzante e fresca, è stato un piacere, tranne prima della salita di cui sopra, che ci è stata servita tiepida. Senza, però, sarebbe stato un problema. Come si dice, di necessità virtù.

Con il freddo, questo percorso ha decisamente tutt’altro spessore.

Sono gli stessi chilometri, ma vengono vissuti in una sorta di “separazione” del corpo dai rigori esterni. Una sorta di “religiosità” pagana in cui il corridore lotta sia verso l’interno che verso l’esterno. E cerca di affrettarsi…

Al caldo, invece, c’è poco o nulla che si possa fare, nessun esercizio a me noto consente di raffreddare l’organismo, per cui ci si abbandona agli eventi climatici, sperando di finire in fretta. Ma è il cane che si morde la coda: se si accelera si sente ancora più caldo, per cui l’andatura “riflessiva” appare sempre la condotta più oculata. Anche se si arriva lo stesso spossati.

La Regina, intanto, è andata a recuperare il cappotto dalla tintoria.

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