La 6 Ore di Roma: un altro tentativo

Lo scorso anno la testa non “teneva” e, dopo due ore, colto l’attimo, mi sono portato a casa una medaglia per nulla meritata. Pensieri pesanti incombevano e poco si poteva fare quando le gambe erano prive del motore. Bene o male, è la testa che “guida” e consente di poter superare anche le possibilità meramente fisiche.

Insomma, questo “mantra” consola alquanto ed, ogni tanto, va rispolverato.

Quest’anno ho voluto riprovare perché, da buon calabro, non si lasciano conti insoluti, per questa bella gara. L’allenamento – come da prassi – poco più che approssimativo, con la distanza massima percorsa (in una sola seduta) di poco più di 10K. Prima piove, poi fa caldo, poi non mi va, poi …

Sono però animato di buone intenzioni, certo di poter fare qualcosa di più della volta scorsa. La forza della totale irrazionalità.

Sabato sera, alle 20,30 siamo a Villa De Santis, in attesa – con tanto di pasta party – di non crollare dal sonno, prima della partenza. Inutile dire che fa ancora un caldo notevole e non pare che durante la notte la temperatura calerà in misura significativa. Un problema nel problema. Correre sei ore non è una passeggiata; col caldo le cose non migliorano di certo.

Stravaccati su una panchina, il sottoscritto, il Comandante ed il Gianni siamo – a detta di tutti – la “plastica” immagine dei pensionati che stazionano davanti ai lavori in corso. In effetti, … mancavano solo i lavori.

Intanto si cerca, disperatamente, il “titolare” del pettorale 139. E’ sparito lui, il pettorale, e l’organizzazione non si placa. Sarà perché stanotte si corre il campionato di Ultramaratona, non si può scherzare: ti squalificano anche se il pettorale non sia perfettamente posizionato.

Dopo due spari di “prova” alle 00,01 – cioè il primo minuto di domenica – si parte per questo lungo viaggio. Percorso che comincia dentro una specie di tempesta di sabbia: 228 corridori sullo sterrato sono davvero troppi e si solleva un polverone che completa la sensazione di caldo.

Il percorso – di 1K – è noto: piano con un dislivello di circa 250 metri. Il trio sopra menzionato ha deliberato la strategia di gara. Per i primi 5 km si cerca di fare il meglio; dal km 6 in poi, si cammineranno 200 metri del suddetto dislivello. E, via, andare.

Dal basso della mia protervia, decido di “segnare” l’andatura precedendo i compagni di circa 3 metri, facendo attenzione che mantengano il ritmo.

Nel mentre ci “gustiamo” i partecipanti che iniziano i “doppiaggi”, cerchiamo di capire dove diavolo sia finita la Rossa. Costei cammina e sulla base di una stima (erronea) avremmo dovuto raggiungerla, più o meno, al km 12. Invece non vi è traccia alcuna. Occorrerà attendere il km 19 per un breve contatto. Poi sparirà nella notte.

Ecco Ciocchetti, Mirko, Lisa, Patrizia … ad ogni mezzora qualcuno fa capolino.

Il caldo non allenta la presa e siamo tutti letteralmente zuppi e con le gambe coperte di polvere.

Sennonché … una volta che la testa tiene, i polmoni ci sono … dopo 3 ore e 55 minuti, non riesco più a poggiare la gamba sinistra. Colpa dei giri ripetuti con la stessa identica postura o, meglio, dell’imprevisto che accade alle schiappe: non riesco neppure a camminare. Dopo 30K devo mollare, con il rammarico di un risultato potenzialmente alla portata. Il risultato – come si sa – è quello di correre almeno la distanza della maratona (che viene accreditato).

Nel mentre il cielo rischiara e spunta il primo sole, i miei compagni (e pure la Rossa) ce la faranno. Io no.

Questa volta la medaglia è stata un pochino più meritata, ma accompagnata da un bruciante rammarico. Alla fine ci si consola con la birra ed i panini generosamente offerti dai “Bradipi” del buon Minici (tutt’altra specie di calabro, evidentemente).

La notte è passata, ma il giorno ancora non si vede. Podisticamente parlando.

Questa notte è dedicata ai tempi migliori. Ed alle persone migliori di me.

[Colonna sonora: Bronski Beat, Smalltown Boy (Gus F’s Sunset Remix); Dua Lipa, Love Again (Imambek Remix); Duran Duran, Come Undone (DeepHouse Remix); Vestron Vulture, Phantom (The Max Steel Sad Six-Hours-Run Remix); One, Two, Three, Runaway (Extended Home Version)]

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