In questi giorni credo di vedere volteggiare i draghi di Daenerys Targaryen. Fa così caldo che probabilmente è un effetto della loro indole non propriamente pacifica.
In questi momenti, l’idea di correre non si affaccia neppure per un momento e credo di essere pronto a farlo solo se assolutamente necessario, per esempio per sfuggire ad un incendio incombente.
Nel dilettarmi, leggo on line che al caldo occorre abituarsi e che se c’è qualcuno in grado di correre nel deserto non si vede perché non si possa farlo, alle nostre latitudini, con gli oltre 40 gradi attuali di mezzogiorno.
Ecco gli effetti nefasti di consentire a ciascuno, solo perché apre un blog, di poter dare fiato alle corde vocali, senza prima verificare se il cervello risulti o meno collegato agli organi della fonazione.
Chi propugna tali fesserie, con tutta evidenza, non sa bene di cosa parli. Nel deserto il clima è asciutto e ciò cambia radicalmente le carte in tavola. Nulla a che vedere con il nostro clima, ormai tropicale, in cui è proprio l’umidità a farla da padrona. L’umidità impedisce il corretto scambio di calore tra il nostro corpo e l’ambiente esterno, aumentando la temperatura sostenuta, quella percepita ed il disagio.
Parlare di “disagio”, sembrerebbe alludere ad una soggettiva situazione di fastidio temporaneo, ma non è così. Il disagio fisico non ha nulla a che vedere con la psicologia ma si colloca nel campo della fisiologia. In altre parole, il nostro organismo trasmette dei segnali evidenti di rischio incombente: disidratazione, insolazione, crampi, etc. E bisogna dargli ascolto ché lui sa certamente di cosa parla: sotto le fiamme di Viserion si finisce inevitabilmente bruciati.
Di conseguenza, qualunque opinione sia propagandata da bontemponi su questo tema, peraltro senza alcuna preparazione medica in materia (come me, del resto), è solo pericolosa; con il caldo eccessivo i danni sono decisamente maggiori di qualunque beneficio potenziale. Per cui si corre la mattina presto o la sera, dopo che l’aria si sia rinfrescata almeno un poco.
Dimenticavo, il bontempone che considerava la corsa al caldo come “normale” (basta abituarsi, a suo dire), si è ritirato da una gara perché “vinto” dal caldo … un caso di giustizia poetica da manuale.