Nel nostro paese, anche se non ci volete fare caso, i piccoli centri sono molto più numerosi delle grandi città. Eppure, per ragioni che ora sarebbe complicato spiegare in poche battute, è nelle città che si concentra la maggioranza della popolazione. E’ un portato delle maggiori possibilità e dei più numerosi servizi che la logica dei grandi numeri rende profittevole.
Le località – a misura d’uomo, come dicono quelli che parlano forbito – funzionano in altre “situazioni”, come accade per la vocazione turistica che caratterizza alcuni di questi ambiti. Le leva turistica è quella più facile. Il difficile è provare a valorizzare centri che non hanno avuto la fortuna di un mare cristallino (ed adeguate strutture attorno), un passato illustre, od opere d’arte, o altre possibilità delle quali si ringraziano avi deceduti da tempo.
Da una quindicina di anni a questa parte, si sta progressivamente immaginando di “rigenerare” gli spazi urbani collegandoli, sinergicamente, con “situazioni” caratterizzanti. Si parla di “situazioni” perché l’attrattività – che è alla base del processo rigenerativo – non ha una fonte determinata ma, spesso, si devono all’inventiva di qualche illuminato amministratore locale che catalizza le “energie” presenti (o ne fa sorgere di nuove) per attribuire una “vocazione” anche a luoghi non propiziati dalla sorte.
Vi faccio qualche esempio. A Piozzo, un paesino di mille anime dalle parti di Cuneo, un ragazzetto – destinato a diventare famoso, Teo Musso – apre un pub e poi un microbirrificio. Baladin ora è un nome noto. In quella cittadina, sempre grazie a Teo, è poi sorto un “Open Garden” nel quale, su una superficie di oltre 70 mila ettari, la birra è diventata “condivisione” del territorio. In questo spazio, oltre ad un moderno birrificio (visitabile), ci sono spazi per ogni gusto (non solo per gli appassionati di birra): un mercato contadino, un forno per la cottura del pane con i cereali metro zero, le griglie per cuocere la carne comprata sul posto, etc.
Un altro esempio è costituito dai “mitici” culatelli di Zibello dell’Antica Corte Pallavicina, dove il grande Massimo Spigaroli (ed il resto della famiglia), non solo produce il celebre salume, ma offre un percorso di degustazione, con anche un’ospitalità di altri tempi, qualora si voglia soggiornare.
Potrei continuare, ma credo che il concetto sia chiaro. Il cibo e le bevande – ed il territorio da cui promanano – sono un volano formidabile, forse perché, in fin dei conti, non possiamo farne a meno ed allora, tanto vale farlo bene.
Anche la corsa, sebbene sia meno impellente (tranne in tempi remoti quando si sfuggiva all’assalto dei tirannosauri), può generare un grande effetto positivo. Anche qui posso fare un esempio, fresco di esperienza. Tra qualche tempo leggerete una mia cronaca di una trasferta in quel di Foiano della Chiana dove il centro storico è stato il teatro della “6 ore del donatore” e che, con un po’ di fantasia, poteva essere ancor di più l’occasione per un’operazione di riqualificazione, almeno per una giornata.
Anche noi abbiamo la nostra esperienza da rivendicare: la CorriColonna. Quella che anni fa era la corsetta domenicale di pochi appassionati della zona è diventato un appuntamento di livello regionale con la presenza di tanti podisti che, prima, neppure sapevano dove fosse Colonna. Questa gara ha un profondo legame con un prodotto tipico che piace: l’uva (compresa la versione pigiata). Si è creata, così facendo, una sinergia che collega idealmente un’attività (la corsa) con altra (la produzione viti-vinicola) con altra ancora (il luogo dove si svolge l’iniziativa).
La particolarità di quando si crea questa “connessione” – come quando surfate tra i link di internet seguendo la suggestione del momento – è che non necessariamente le attività devono essere, per forza, coerenti tra loro. Nel caso di cui parliamo… bere vino e correre (anche a piedi) non è consigliabile. Fatta eccezione, ovviamente, per il “goccetto” del Km 9, al quale non si può proprio dire di no.
A questo punto, vi starete chiedendo il reale oggetto di questa breve notarella. Ebbene, l’occasione è fornita da una manifestazione che ha luogo il 14 e 15 maggio, a Villa Borghese (Casa del cinema e dintorni) e dedicata alla rigenerazione che passa attraverso la transizione agro-ecologica. La Festa dei piccoli Comuni del Lazio proverà a declinare le potenzialità di un rinnovato sistema agroalimentare per il miglioramento del lavoro e delle condizioni di vita degli ambiti territoriali più “raccolti”.
Slow food, una delle “anime” dell’iniziativa, dubito fortemente che abbia immaginato una sinergia con l’ambito podistico. A noi spiegargli che a Colonna, nel giorno della CorriColonna, si sviluppa una “trama” del genere. Certo, dura una sola mattina, forse è frutto del mero caso, però il “prodotto” esiste e, magari, vale la pena valorizzarlo ulteriormente.
Non lascio il tema “appeso” (così son bravi tutti). Accanto ad ulteriori sostegni alla corsa, perché non immaginare un “Open Garden” … .nell’ampio spazio nei pressi dell’arrivo della gara?