Mi accingevo a scrivere una breve silloge sull’edizione XXIV dell’Appia Run, gara che, per gli arancioni, nasceva sotto i ferali numi legati alla recente scomparsa di Mario “Maori”. Dacché nessuno aveva una grande voglia di “cazzeggio”. Il “Rito” ha perso una delle sue voci. Noi abbiamo perso una persona dal grande sorriso. Nonostante tutto.
Al termine sarà più chiaro il motivo di questo ritardo.
Torniamo a noi. Modestamente un “noi” rigorosamente segnato dalla minuscola che nelle nostre gare cerchiamo anche qualcosa di più e di oltre al mero piacere della sgambata domenicale. Probabilmente è un segno dell’età. Da giovani, nella nostra invincibilità costitutiva, molti problemi ancora non esistono o, se si affacciano all’orizzonte, vengono affrontati con una alzata di spalle. E via a correre e divertirsi. Anni dopo, ripensando a quei momenti spensierati, ci piacerebbe – con quello che sappiamo oggi – poter contare sulla stessa “verve”. Purtroppo non è possibile avere una frittata e, al contempo, conservare intatte le uova.
Dopo la pioggia ed il tempo pessimo – insomma, pareva di essere nel mese di ottobre – questa Appia Run, richiede calzature 4×4, poiché, tra transenne e lavori, buche, fango e pozzanghere, pareva un trail e non una gara “cittadina”. Nella Caffarella, infatti, veri acquitrini si squadernavano di fronte a noi, impegnati a non restare impantanati o, peggio, atterrare con le terga nel fango. Dopo un brusco “stop”, simile al consueto ingorgo al casello di rientro dalle ferie estive, 4 minuti in fila indiana (che ho visto ben pochi rimpiangere sul serio) sono stati anche allietati da una invasione di pecore. Non molto dissimile dalla corsa dei tori di Pamplona, con placcaggi dei nostri ovini che, tolto quando sono convertiti in arrosticini, abbiamo visto correre molto più forte di noi.
Altri divertenti fraseggi, all’insegna del dilettantismo più marcato, si sono registrati ai ristori. Qualche bontempone ha pensato che fosse una politica accorta riempire, al momento, i bicchieri da una sorta di “sacche”, analoghe a quelle che contengono il refill del sapone liquido formato “famiglia”. Donde una “caccia” alla bottiglietta, in spregio all’acqua “addizionata” (non mi ricordo più con cosa). L’”anziano” di fronte a queste vicende la prende con filosofia, il giovane “squalo”, al contrario, farebbe una strage.
Alla fine, però, ti regalano una medaglia che, nel raffigurare un piede, sarà la gioia dei molti feticisti che so essere presenti anche nel nostro mondo. Ché non si sola corsa vive il runner…
Tolte queste che – con tutta evidenza – son poco più che frescacce, il percorso impervio, l’Appia Run resta una delle gare che in calendario devono esserci. Se non altro, per salutare il bel tempo … e tanti bei volti che, piano piano, tornano.
Degli arancioni, con il segno del lutto ben visibile, ne citiamo uno solo: Angelo Giuliani, primo della sua categoria, con 52 minuti e spicci, per 13K non proprio semplicissimi.
Lunedì, nel mentre, mi accingevo a scrivere queste chiose, è giunta una notizia inattesa. E’ deceduta Rita Goffredo, una delle colonne portanti dei Bancari romani (e, prima di tutto, consorte di Luciano Duchi). Nessuno voleva credere alla notizia, dato che pochi giorni prima era alla presentazione del nuovo volume della storia del podismo scritta da Luciano che è, insieme, il “racconto” di questo nostro mondo da parte di chi l’ha vissuto in prima fila, unitamente ad un viaggio nella memoria personale. Per alcune ore, le notizie si sono ricorse, incerti sul da farsi, data l’incredibilità di un accadimento inatteso e doloroso allo stesso tempo. Era tutto vero.
Rita ci ha lasciato davvero, senza “disturbare”, com’era sua abitudine. Nel pensiero rivolto a Luciano, Laura, Manuel e tutti quelli che gli hanno voluto bene, vorrei qui ricordare quel momento in cui – del tutto inaspettatamente – ha testimoniato la sua vicinanza in un nostro momento di particolare delicatezza. L’inaspettato non fu l’approccio ma il sentimento che vi profuse. Neppure nostri familiari erano stati in grado di toccare le corde giuste. Lei è stata in grado e, se proprio dovessi trovare una ragione, solo per questo sarà sempre nei miei ricordi. Un momento toccante, raro ed incredibile. Ecco, nel nostro piccolissimo, questa è stata la Rita che noi abbiamo conosciuto. Non è difficile immaginare quant’altro vi sia di valore certamente superiore. Ed altri, infatti, ricorderanno di certo. Quando si parla dal cuore ai cuori è così.