Puppe a pera podistiche. Un sogno (purtroppo) irrealizzabile

“Lui desidera. E come cominciamo a desiderare, Clarice? Cerchiamo fuori le cose da desiderare? (…) Il desiderio nasce da quello che osserviamo ogni giorno. I tuoi occhi non cercano fuori le cose che vuoi?” (Il silenzio degli innocenti)

Secondo la lezione del Dr. Hannibal Lecter quello che determina il desiderio è ciò che si vede. In effetti, l’immaginario si muove per quello che si può (seppur astrattamente) concretizzare e non per una passione teorica e del tutto irrealizzabile. Tutto questo per dirvi che, a causa di un mio compagno di squadra, anche l’immaginario erotico può mutare obiettivo col trascorrere degli anni. O, probabilmente, proprio a causa della senescenza incombente.

Non sono mai stato un appassionato di tette benché, ovviamente, la loro presenza non mi arrechi alcun fastidio. Anzi. Il mio sodale è, invece, un vero cultore. E si premura, ogni giorno, di mandarmi, via wa, un magnifico esemplare munito di un paio di poppe da paura.

Le portatrici delle medesime rientrano in quel campionario in cui – ne sono quasi certo – l’elaborazione digitale genera queste immagini che non avranno sicuramente alcun reale contatto con la realtà, situazione – come detto – necessaria a considerarle veramente “appetibili”.

Poppe oggi, poppe domani, per forza di cose, un derelitto podista comincia a guardarsi intorno qualora – metti mai – dette bellezze esistano per davvero e corrano pure alla Caffarella.

Chiaramente si tratta di possibilità statisticamente molto remote perché combinano, per stratificazione, almeno cinque variabili:

a) podista;

b) podista con le tette (quando è risaputo che non sia per loro l’atout vincente);

c) podista con le tette che corre alla Caffarella;

d) podista con le tette che corra alla Caffarella quando ci sono io;

e) podista con le tette che corra alla Caffarella, quando ci sono io, in direzione opposta (questa è l’unica faccenda facilmente risolvibile…).

Il regno delle possibilità non rende possibile, neanche se la Luna uscisse dalla sua orbita, una situazione del genere, sicché credo proprio di dover rinunciare, ripiegando, a malincuore, verso il “lato b” che presenta, statisticamente, molti elementi positivi.

Anzitutto, le podiste – e non è colpa mia – in genere hanno un seno poco pronunciato mentre, forse anche per effetto dello sgambettamento, dispongono, in media, di glutei più che dignitosi. Correndo, inoltre, è molto più semplice trovarsi di fronte qualche pantaloncino artisticamente riempito. Data la nostra attuale velocità è certo che si troverà dinnanzi a noi. Infine, mentre per il davanzale il moto di apprezzamento trasparirebbe inequivocamente, per l’altro lato possiamo simulare uno stato di perfetta indifferenza e, quasi, di malcelato fastidio. Quasi.

Alla fine, quindi, il Dr. Lecter potrebbe avere certamente ragione, ma nel caso di cui ci stiamo occupando non è possibile provarlo effettivamente. Resterà uno dei misteri irrisolti della pratica podistica.

Colui a cui è dedicato questo pezzo si riconoscerà facilmente, ma è meglio (per lui) tacerne l’identità.

Una forma di strisciante sessismo: il formaggio con le pere.

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