L’8 maggio, per tradizione da masochisti, si corre, in quel di Fano, la ColleMar-athon. Quest’anno, dato che la forma è, invero, piuttosto approssimativa, si è pensato di spostare l’obiettivo verso una competizione che può (in teoria, beninteso) consentire di compendiare meglio il rapporto tra la fatica (certa) ed i risultati attesi (incerti). La scelta è caduta sulla “6 ore del donatore” che la Podistica Avis di Foiano organizza, per l’appunto, a Foiano della Chiana (Arezzo).
Immagino subito cosa avete pensato: “Lasciano perdere una maratona e si avventurano in una 6 ore??!”.
A prima vista sembra una fesseria. Tuttavia, se ci ragionate con calma, potreste arrivare – credo – alle nostre stesse conclusioni.
Anzitutto la gara si svolge di sabato. Il luogo è distante 2 ore di macchina. La gara comincia alle 13.
Questi pochi elementi appaiono sufficientemente indicativi. Poi bisogna aggiungere che si può ripartire subito: nulla esclude, in via di principio, di fare un “lungo” (che so: 30 km) e tornarsene a casa più che soddisfatti (in maratona la logistica non è così semplice. Immaginate di bloccarvi all’altezza della mitica salita di San Costanzo, sulla via di Fano).
Ad essere onesti, una gara di 6 ore, per essere disputata ‘seriamente’, prevede che si corra, al meglio delle proprie possibilità, per tutto il tempo e, giunti alla fine, tracciare una riga e verificare l’esito. Un risultato “normale” deve essere superiore alla distanza della maratona se, normalmente, la si chiuda in meno di 6 ore. Non è un caso che i più l’hanno intesa quale “lunghissimo” in preparazione del Passatore (Per inciso, il record del percorso appartiene, non a caso, a Giorgio Calcaterra, con 79,626 km).
Noi, invece, ci siamo orientati verso una ‘corsetta’ di conserva ma con l’obiettivo – dopo 6 ore – di portarci a casa una maratona. Insomma, non proprio lo spirito della “6 ore” ma meglio della volontà di andarsene dopo 30 km. Facendo gli scongiuri di rito.
Non sapevamo nulla di questa gara, tranne che si svolge nel centro storico di Foiano della Chiana e che sono previste anche le staffette (2 atleti/3 ore ciascuno, oppure 3 atleti/2 ore ciascuno).
Giunti in loco, di prammatica la richiesta a Luca su come fosse il percorso. La risposta è sembrata tranquillizzante: un chilometro abbondante di 1.014 metri, con 14 metri di dislivello. In sostanza ci si dice che c’è una leggera salita, compensata da altrettanta discesa. Peccato che il cervello abbia registrato i metri come “distanza” e non come “altitudine”.
Tranquilli, si parte, con l’aggiunta dei 195 metri per fare il totale maratona, e subito si scopre l’errore di prospettiva. Il percorso comprende circa 350 metri di salita, non consecutiva, con un tratto molto ripido (di 120 metri) ed una discesa (altrettanto ripida di 50 metri). I 14 metri di dislivello – per ogni giro! – sono l’altezza media in un palazzo di 4 piani.
Ecco che l’idea di portarsi a casa una maratona, per un paio di tapascioni, diventa complicata, nonostante sembri che ci sia tempo a sufficienza. Anzi. Ad ogni giro diventava necessario camminare la parte in salita e, ad ogni giro, la muscolatura si faceva sentire. Per giunta, sferzati, qui e lì, da un vento fastidioso. Facendo un giro tutto camminato, abbiamo verificato l’impossibilità di scendere sotto gli 11,30 min/km.
Il tempo e la distanza diventavano ora più difficili da raccordare. Il tempo che all’inizio vi sembra immobile (siete freschi), superate le 3 ore accelera. Voi siete stanchi ed i giri sembrano più lunghi …
Intanto un Tizio (Marco) chiude la maratona, sotto i nostri occhi, in 3h33; Massimo Ciocchetti ci “doppia” ogni 4 km ed una giovane orientale, che con i piedi neppure toccava il terreno, si librava senza mostrare alcun segno della fatica (arriverà prima tra le donne). La Betti allietava il pubblico presente con le sue grazie (per chi la conosce non serve aggiungere altro) e Claudio Guidotti non mollava …
E noi?
Ci serviva un pochino di “tigna”, per mantenere quel “tono” in grado di stare, più o meno, sopra i 7min/km(giro) ma sotto i 7min45. Tutto facile, almeno a parole.
Al km 34, un pochino affaticati, si affaccia l’idea di proseguire camminando (manca ancora un’ora e mezza allo scadere del tempo). Se avessimo ceduto alla suggestione, probabilmente, avremmo finito più o meno, al km 41. Quindi, con il prode Comandante, si continua ad andare con l’obiettivo di fare 43 giri (non si sa mai) e poi basta.
Mancano ancora 8 minuti ma ci fermiamo 150 metri dopo il gonfiabile, corsi 43 giri. Distanza percorsa: 43.280 metri; dislivello: 3.074 metri.
A questo punto non so proprio valutare se la ColleMar-athon sarebbe stata più faticosa. Forse quando il cervello gira “in tondo” (azione volgarmente indicata come “cricetare”), molla la presa e, data la ripetizione delle attività, abbassa la soglia dell’attenzione e, quindi, della fatica. Sta di fatto che si tratta di una gara consigliabile a patto di non scordarsi il dislivello.
Pasta party alla fine, saltato a pié pari per rientrare il prima possibile.
Per chi non la conosceva, questa è stata “La 6 ore del donatore”: non è il caso di indicare cosa, alla fin fine, abbiamo donato.
Questa cronaca è dedicata ai simpatici Tamara e Roberto. La prima per essersi fidata circa la regolarità della mia iscrizione (al ristoro, le si dava il tormento); il secondo per non avermi mai citato ad ogni passaggio (per colpa mia).