Reggio Emilia (quando correre al freddo)

Si chiude il trittico della rimembranza, con la Maratona di Reggio Emilia.

Nonostante le insistenze del Comandante, non avrei mai voluto disputarla. Troppo vicina a Firenze, il primo motivo. Il secondo è il clima: il freddo, a dicembre, è certo. Sono meteo(anti)patico, cioè divento intrattabile nelle condizioni avverse. Ovviamente perché dovrei correre.

Poi, come diceva il buon Oscar Wilde, visto che è difficile resistere alle tentazioni, tanto vale cedervi. Si scopre, così, la Maratona del Tricolore, una gara i cui numeri sono la conferma, ogni anno, di quell’affetto che prescinde totalmente dalle velleità podistiche. Chi va a Reggio Emilia – dato che a dicembre si sta sicuramente meglio a casa – lo fa perché è un “ritrovo” tra quanti non voglio proprio mancare. Dubito che si rincorra il personal best.

Aggiungo che, premia, il volto umano dell’organizzazione. Nessun comportamento da “primi della classe” (Firenze, si parla di voi) ma di persone che, prima di tutto, vogliono bene agli altri. Certo, direte voi, che ci vuole con 1.500-1.800 partecipanti! Non è così, l’indole non dipende dalla partecipazione, ma è un connotato dello spirito. In Emilia – semplicemente – vogliono bene alle persone, secondo l’ospitalità che è una costante della Food Valley. Magari è un portato del buon cibo che fa condividere il benessere.

La gara è al freddo. Non come anni passati, però la situazione di condizioni precarie è avvertita in ogni dove. Per i romani, tanto per fare un paragone, immaginiamo una “Tre Comuni” moltiplicata per due.

Dopo aver lasciato la città abbracciati al nostro vessillo nazionale, inizia un percorso in cui il rumore che sentite è quello dei vostri passi che frantumano il ghiaccio della sede stradale. Null’altro. Intorno a voi, una distesa di campi (spesso innevati). Si sta con sé stessi e si procede salutando un folle – a torso nudo – che vi offre un bicchiere di birra (sia all’andata che al ritorno, dato il posizionamento strategico). Costui non abita neppure lì, eppure non manca mai.

Non pensate a nulla, non ci sono turisti, ma un contesto che sembra di correre sulle depressioni di Marte o calpestando la regolite lunare. In silenzio, senza fare battute di spirito. In contemplazione, con il fiato che si condensa, spesso dentro la prima nebbia della mattina.

Ogni tanto, da dietro le nubi grigie, fa capolino un pallido sole che rischiara ma non riscalda. E si continua, con qualche piccolo strappetto in salita probabilmente quando siete a corto di benzina. Il rifornimento a base di coca-cola, ossia zuccheri e caffeina, prova a spingere innanzi, fino ad una bella discesa che ristora.

Quando si entra in una sorta di Parco (le “Cascine” di Reggio Emilia), sapete che mancano pochi chilometri, al tradizionale asciugamano che segna la conclusione di questa bella gara. Si finisce in leggera salita, ma ormai non importa. Nessuno sente più il freddo.

Alla fine il Comandante aveva ragione. Reggio Emilia, qualsiasi siano le condizioni climatiche, si può fare: un viaggio interiore che male non fa. Anzi.

[Nota: Si corre l’11 dicembre 2022, su un percorso, in parte, rinnovato ed una medaglia che, assieme alle prossime quattro, comporrà un puzzle su Reggio-Emilia]

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