Correre sul filo del rasoio. Sperando di non imbatterci in qualche sofisticato prodotto della Tyrell Corporation. I replicanti sono tra noi. Persone normali all’apparenza che, appena indossate le scarpette, diventano altri. Vanno innanzi senza neppure vederti. Dove vanno?
Celebrano la differenza. Sono migliori, più forti, anche più belli. Sono il prodotto migliore sul mercato (“più umani degli umani”).
Il passaggio da uomo, nella sua condizione miserabile, a podista di livello, nel fulgore delle sue potenzialità manifeste, è quasi la storia rappresentata da Roy Batty. Se è migliore di noi, perché è destinato inesorabilmente a morire?
Il podista di livello – colui-che-non-ti-vede – è anch’egli minacciato dal tempo che scorre. Il riscontro cronometrico è impietoso e così quello anagrafico. Di gara in gara, la fatica è tanta ed i tempi non migliorano; intanto passa il tempo e tutto diviene più difficile. Ma non si fa domande, né attende delle risposte. Corre innanzi a noi.
Al momento non c’è modo di invertire la tendenza. Solo l’origami dell’unicorno, nella sua riproducibilità, ha in sé il dono della potenziale immortalità.
Nel mentre Blade Runner è divenuto una realtà. Ambientato profeticamente nel 2019 disegna un mondo grigio e degradato in cui, su diversi livelli, bagnati da una persistente pioggia acida, cerca di sopravvivere una comunità multietnica del tutto disarticolata (che, però, mangia sushi, evidentemente frutto di clonazione).
Ovviamente, restano i privilegi per pochi mentre, per i più, in un ambiente malsano, non si interrogano affatto sulla consapevolezza – acquisita invece da umanoidi “più umani degli umani” – circa le ragioni del vivere e del morire. La questione basilare è cosa fa di noi degli “esseri umani” e, soprattutto, meritiamo di essere al vertice delle specie dopo aver quasi distrutto il nostro unico mondo?
Colpevoli di quello che stiamo compiendo ci fregiamo dell’attributo della razionalità, invece che dei doni della cura e della compassione. Dietro i “replicanti” corre Deckard che è sempre più dubbioso sui veri motivi per i quali alcune domande non possono essere neppure poste, perché la risposta metterebbe tutti in estrema difficoltà.
Alla memoria “innestata” nei corpi sintetici si sono aggiunte tutte le esperienze di soli pochi anni ma che potrebbero divenire una memoria “universale”, se non si avesse paura di un ricordo destinato a sopravviverci. Il rammarico di Roy – accettando fatalmente il suo destino – è proprio la perdita di tutti quei momenti (“che voi umani …”) destinati a perdersi nel tempo, come lacrime nella pioggia.
[Colonna sonora: Boy Harsher, Send Me A Vision; Gentle Touch, The View; Lost Messages, Taste Like Void; She Past Away, Kasvetli Kutlama (Tobias Bernstrup Remix); The Cure, Maybe Someday (Dance Remix); Virgin Tears, The Beauty of Broken People; Vogue Noir (feat Drift), Segments]