Strani nuovi mondi

Spazio: ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise. La sua missione è quella di esplorare strani nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare coraggiosamente là dove nessuno è mai giunto prima!

Il giovedì sera – complice Emanuela – ci gustiamo la nuova stagione di “Strani nuovi mondi” (“Strange New Worlds”), ossia i viaggi della nave stellare Enterprise qualche anno prima che al suo comando fosse assegnato il celeberrimo James T. Kirk.

Viaggi di esplorazione, vicende di espansione della conoscenza (dei luoghi del cosmo e delle razze che li abitano) in uno stravagante ritorno al passato. Strano, ma rassicurante come il passato non vi è nulla. Proprio perché dietro (e non di fonte) a noi, quanto è già accaduto ci proietta a ritroso, in un viaggio nel (nostro) tempo passato, alla ricerca di quello che poteva essere e di ciò che, in tutto o in parte, è stato o sarà.

Oggi, infatti, il futuro appare a tinte neutre. Non ci sono grandi traguardi da valicare. Vivere meglio (e più a lungo) è sempre stato un obiettivo condiviso. Dato questo per assodato, però, l’umanità si è posta davanti a grandi sfide: la conquista dello spazio, il superamento delle differenze, etc.

Queste sfide avevano, alla base, una crescita delle persone, diciamo, per stratificazione successiva. Come nella stampa 3D, il materiale plastico si sovrappone, fino a realizzare l’oggetto atteso. Il “materiale” era costituito da quella cultura “condivisa” in cui ci si poteva riconoscere, al di là, di episodiche deviazioni. Le deviazioni standard, gli sfridi, nelle realizzazioni industriali, fanno parte integrante della produzione: sono “anomalie” fisiologiche e non patologiche (come si potrebbe ritenere ad una prima lettura disattenta).

Il “viaggio” è, dunque, prima di tutto delle persone per le persone. Solo che per realizzare ciò occorre una “guida” non intesa in senso soggettivo ma quale idealità riconosciuta come meritevole di fondare (e giustificare) ogni sforzo in direzione della meta. L’obiettivo è importante ma non quanto incamminarsi nella direzione “giusta”, affinché qualcuno, prima o poi, possa raccogliere tutto o parte di quello che hanno seminato quelli che hanno cominciato prima di noi.

Il problema attuale è la mancanza della “guida”. Gli Stati nazionali (o sovranazionali) sono crollati a tutto vantaggio di “Poteri forti” (i padroni delle nuove tecnologie, per esempio); le religioni, mostrano la corda con una secolarizzazione ormai compiuta (non serve fare esempi, se il “controllo” impone vedere in giro – in paesi occidentali – donne che girano con degli scafandri a ferragosto); l’economia arricchisce – come mai accaduto prima – pochi ricchissimi a danno di tutti gli altri; l’individualismo sfrenato si divide equamente tra l’apparire – qualunque sia il motivo – ed un consumismo senza alcun senso se non quello della sostituzione dei beni fine a sé stessa.

Probabilmente aveva ragione Bauman: il mondo si è liquefatto e, in quanto liquido, è in grado di riempire ogni contenitore, compresi quelli che appaiono costruiti da un cieco.

Se la meta raggiunta è costituita dall’ansia per il futuro, credo proprio che, ad un bivio, abbiamo preso la strada sbagliata.

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