Nel mentre qualcuno, senza far nomi, dopo la Miguel agognava una sleppa di pizza al gazebo degli oranges, qualcuno, sempre senza far nomi, arrancava alla 50 di Romagna.
In verità, quest’ultima missione era segnata da una incertezza più che evidente. Non si può chiedere l’impossibile ad un tallone che presenta una protuberanza grande come un uovo sodo (e dura come cemento armato).
Prudenza avrebbe consigliato il forfait. Se, però, il test era indicativo del prossimo “Passatore”, occorreva tentare ugualmente. Lasciamo perdere, per un attimo, che la testa del tester è dello stesso identico materiale dell’uovo citato.
Nei giorni precedenti, le “cautele” sono state all’insegna di farmacologia tibetana (fanghi e oli essenziali, incellofanati alla stregua di mummie egizie) e di più prosaiche martellate (note, simpaticamente, ma emblematicamente come “onde d’urto”). L’uovo sodo si ammorbidisce ma, da par suo, resiste. Sarà per l’anima in ferro tondo nervato.
Si scopre così un deficit nell’organizzazione della suddetta gara. Visto che si va a correre in una sperduta zona dell’Emilia (pardon, della Romagna, ché si tratta di gente per nulla sportiva su questo argomento) e visto, altresì, che non si tratta di gara per tutti … il servizio “scopa”, di fatto, non esiste.
In sostanza è come se sul regolamento ci fosse scritto: “Vuoi fare il Passatore e ti vuoi ritirare alla 50 di Romagna? Resta a casa”. Tradotto: se non sei in forma, la “prova” falla alla Miguel che, se va storta, poche fermate di metro e sei a casetta tua.
I romagnoli però, oltre che intransigenti sulla localizzazione territoriale, hanno un cuore grande così (volevo dire un culatello, ma non suona allo stesso modo). Appena scatta l’allarme, la azdora di turno smette di tirare la sfoglia, indossa le scarpette e recupera il malcapitato, ristorandolo con ogni ben (ehm, alimentare …) che dio ha donato alla food valley.
Per questa edizione, si ammaina la bandiera arancione e, conseguentemente, dopo la 25 di Romagna, si depenna il Passatore. Senza piedi non si va in alcun posto. A consolazione, almeno il tentativo è stato fatto.
Spiace, a questo punto, smentire i motti popolari. La speranza è la penultima a morire. L’ultima è il tallone.
P.S.: Le disposizioni sulla privacy rendono illecito indicare il protagonista di questa vicenda.
Forza amore…ti capisco…ma nel 2023 sarà ancor più magnifico..
…sono io la protagonista!!! una tendinite achillea mi ha provocato sul calcagno una borsite grande davvero come un uovo sodo…le ho tentate davvero tutte dalla rimedi “all’insegna della farmacologia tibetana (fanghi e oli essenziali, incellofanati alla stregua di mummie egizie)” agli ultrasuioni e al laser passando per “le di più prosaiche martellate (note, simpaticamente, ma emblematicamente come “onde d’urto”)”. Ma – come dice l’articolo – “L’uovo sodo si ammorbidisce ma, da par suo, resiste”. Ci tengo però a precisare che resiste non per la mia “anima in ferro tondo nervato” (come scritto nell’articolo) MA PERCHè NON HO SEGUITO L’UNICO VERO RIMEDIO E CIOè IL RIPOSO. e così purtroppo ho fatto solo 25 km alla 50km di Romagna e salterò il Passatore.
Sgrunt!
Ma scusami non hai fatto dopo la 50 Romagna la maratona delle cattedrali? Se si ….non dovevi farla ma riposo!