Una vignetta

Nel cercare le immagini a corredo di questi brevi spunti, mi sono imbattuto nella vignetta sopra riportata.

Il sindaco di un Comune del cuneese, esasperato dal comportamento di alcuni cittadini che proseguivano imperterriti a farsi la corsetta o a uscire decine di volte al giorno con gli amici a quattro zampe, ha affisso quell’avviso nei luoghi di maggior passaggio pedonale.

E’ il triste periodo del lockdown (in italiano: “chiusura”) da Coronavirus, un momento storico che speriamo non ritorni, sebbene Speranza sia l’ultimo a morire. Al primo cittadino arrivavano, infatti, le lamentele dei concittadini “virtuosi” che segnalavano quanti non avevano mai corso per neppure dieci metri in vita loro che, improvvisamente, scoprivano il sacro fuoco dell’atletica leggera, al solo fine di uscire da casa.

Al di là di ogni riflessione in merito alla gestione della pandemia, resta un giudizio non proprio lusinghiero sulla nostra scarsa propensione al rispetto delle regole. C’è sempre quello più furbo di te che poi è lo stesso che parcheggia nel posto dei disabili, che non rispetta la fila, che si fa raccomandare, etc. Per un verso dobbiamo umanamente comprendere l’esasperazione (ed in certi casi, una “reazione” anche scorretta appare doverosa) per l’altro, però, dobbiamo deprecare la “guerra dei poveri”, cioè l’homo homini lupus che si pensava essere un retaggio dei tempi andati. Evidentemente, nelle situazioni drammatiche, tranne eccezioni, non emerge il meglio di noi, ma la versione primitiva.

La pandemia ha sicuramente insegnato qualcosa: a parte il qualunquismo da social (l’esposizione della bandiera italiana), l’egoismo ha soppiantato qualsiasi solidarietà. Intanto faccio come mi pare e, poi, degli altri cosa importa?

Di fronte ad una tragedia, correre dovrebbe essere l’ultimo dei pensieri. Evidentemente alle teste vuote corrispondono spesso buone gambe.

Quella che ora è una battuta, speriamo che rimanga tale.

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