Sarà sicuramente successo anche a voi. C’è il giorno in cui siete indecisi se andare a correre o meno. Il tempo è buono, non avete di meglio da fare, l’allenamento è doveroso. Eppure, titubate. Vado, o non vado?
Sembra una situazione analoga a quella della trasgressione alimentare. Di fronte allo strafogarsi, c’è un moto di resistenza. Cediamo e poi stiamo da schifo, oppure teniamo il contegno dei monaci stiliti e, dentro di noi, ci diamo degli imbecilli?
Io ho un metodo. Di fronte ad una alternativa uso una wild card che vale solo una volta. Se decido che non vado a correre è solo per questa volta. E senza alcun rammarico, mi dedico a non far nulla di niente. La volta successiva, però, la “carta” non funziona. Se si deve correre, si corre.
Nessuno può darsi il coraggio che non ha, diceva giustamente Don Abbondio. Infatti, lui non correva. Mentre noi, che vogliamo farlo, abbiamo bisogno – ogni tanto, si spera – di qualche espediente utile alla bisogna. Nulla più di psicologia comportamentale spicciola che, però, funziona in virtù dei meccanismi noti ai cultori della programmazione neurolinguistica (PNL).
Le parole non sono “vuote” ma, al contrario, contengono dei messaggi che ne travalicano il senso recando effetti in profondità sui nostri atteggiamenti.
Ed è questa “magia” che dobbiamo sfruttare, per ottenere l’effetto positivo atteso. Se “focalizziamo”, con gli occhi della mente, dei concetti negativi e li associamo alla corsa, sarà molto difficile “aver voglia” di correre. Al contrario, collegando anche un solo elemento positivo questo trasmette il suo carattere all’attività alla quale lo “connettiamo”. Un esempio personale varrà, semmai servisse, ad illustrare quanto appena scritto.
Durante la maratona, inutile nasconderlo, arriva il momento della stanchezza, assieme ai “rimproveri” per aver ceduto, ancora una volta, a questa pratica sconsiderata. A questo punto, il mio pensiero “sprone” è costituito da una sola parola: “doccia”. Immagino, in ogni dettaglio, il momento in cui, seppur dolorante, l’acqua calda mi ristorerà dalla fatica. Certo, però, prima bisogna arrivare, e prima si arriva meglio è. Si conclude molto più volentieri se, alla fine, ci aspetta un sicuro premio. Avendolo vinto molte volte, posso star certo che, anche questa volta, finisco tra i premiati.
Per la corsa sotto casa non è necessario giungere a queste mirabilanti vette di autoipnosi, basta l’alternativa secca: dentro o fuori. La wild card di cui sopra. Nel mio immaginario, una volta consumata ci vuole del tempo per poterne disporre di una nuova di zecca. E, via, a correre …
Questo ‘pezzo’, in uno con le risibili capacità del suo autore, è un ‘omaggio’ a Renato Vernini che di “motivazione” ne sa molto di più.