Vedi quello che credi (di vedere)

Credi di vedere la realtà. Invece è solo un fenomeno di fata morgana. Quello che vedi non è che la tua “rappresentazione” della realtà. In Rashomon, il capolavoro di Akira Kurosawa, ognuno riferisce, pronto a giocarsi la testa, quello che ha visto, solo che è, in tutto o in parte, una menzogna.

La scienza processuale, da tempo, ha compreso che le testimonianze – senza dei riscontri oggettivi fuori da valutazioni di parte – non provano nulla. O meglio, provano che ciascuno di noi interpreta la realtà in modo diverso, pronto a giurare su una pila di bibbie che le cose siano andate esattamente così.

Perché noi non smettiamo, neppure per un attimo di emettere giudizi. Ogni affermazione, anche la più innocente, nasconde un “preciso” punto di vista, una opinione, una prospettazione, un giudizio.

Finiamo, in questo modo, di attribuire ad un evento una valutazione arbitraria aggiungendo del nostro alla realtà. Ritengo, suppongo, credo … e la realtà ne è irrimediabilmente compromessa perché, nella nostra descrittiva, non smettiamo, neppure per un secondo, di “mediare” le cose con il nostro personale punto di vista. Che, per inciso, potrebbe essere anche del tutto corretto. Ma c’è da dubitarne.

Resta il fatto che non siamo in grado di assumere le cose per come sono ma, ad esse, associamo la nostra “visione” e ciò finisce per compromettere quanti, poi, devono trarne delle conclusioni. A loro volta costoro aggiungono del proprio, generando una catena di valutazioni soggettive che finiscono, inevitabilmente, per mettere in ombra il punto di partenza. Come il “telefono senza fili”, la risultate non ha quasi nessun punto di contatto con la parola iniziale.

Essere obiettivi è, quindi, una chimera se dall’equazione (realtà = cosa vediamo + la nostra opinione) non togliamo il versante soggettivo.

Sin dalla lezione di Socrate, siamo certi di non sapere e, nonostante ciò, ipotizziamo, riteniamo, prospettiamo…, creando una realtà alternativa rispondente a quello che è consono a come siamo fatti noi senza considerare, neppure per un attimo, che non possiamo avere nessuna certezza della veridicità di ciò che ipotizziamo.

La vita, come per gli attori, diventa una interpretazione. Attribuendo significati tutto trova una intrinseca coerenza. Se così non fosse, allora qualcosa “fuori di noi” ne sarà sicuramente responsabile. A casa nostra questo responsabile ha anche un nome (Carmen). Ogni situazione fuori controllo (che fine ha fatto la canotta logata?) lo è sicuramente non per nostra colpa: noi siamo assolutamente certi di non poter essere in alcuno modo responsabili di alcunché. Quindi è stata Carmen.

Comincia dunque una battaglia per “sospendere il giudizio” e provare a descrivere le cose e gli avvenimenti per quello che sono. Vorrei dire come “realmente” sono, ma mi manca il coraggio. Intanto, Carmen… che starà facendo?

 

Vorrei ricoprire il tuo corpo di blù, per poter ritrovare il paradiso quaggiù. Solo tu puoi comprendere (La Fame di Camilla, Un pezzo di cielo in più).

[Colonna sonora: U2, Even Better The Real Thing (Sexy Dub Mix); Real Life, Send Me An Angel (Remix by Tony Capucci); Subsonica, Aurora sogna (feat Coma Cose); Clan of Xymox, Something Wrong (Beborn Beton Remix); Fratelli Quintale, Verso l’uscita; Coldplay, Adventure of A Lifetime (Batikan Gulyagci Remix)]

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